Modellazione geologica 3D: prospettive per i metodi basati su superfici implicite
La ricostruzione o modellazione di strutture geologiche più o meno complesse comporta una somma di difficoltà che, tradizionalmente, vengono affrontate separatamente da pacchetti per la modellazione geometrica di stampo ingegneristico e da pacchetti invece dedicati alla geostatistica. Le strutture geologiche, come anche altre strutture naturali, sono caratterizzate da un lato da una complessità geometrica e topologica che può essere affrontata solo con strumenti di modellazione geometrica avanzati, ma anche da un grado di incertezza nella definizione delle geometrie, e nei dati di input, tipicamente incontrati in geostatistica. Questo ha portato allo sviluppo di software dedicati al “geomodeling” che sono in grado di rispondere a questa complessa e a volte contrastante somma di esigenze. I rapporti di mutua intersezione tra superfici di strato e superfici di faglia, derivanti dalla storia geologica e deformativa, impongono di operare un accurato ed esplicito controllo gerarchico sulla topologia del modello. D’altra parte i dati di input sono di norma sparsi ed eterogenei per sorgente (es. dati di pozzo vs. dati di superficie) e qualità. Un modello geologico deve tenere conto di tutti i dati disponibili, ed a volte anche di modelli interpretativi basati su conoscenze a priori, pesando ogni elemento in funzione del suo grado di affidabilità.
L’approccio tradizionale a questo problema consiste nel ricostruire dai dati un insieme di superfici che rappresentano contatti stratigrafici o tettonici (faglie) tra diverse unità geologiche. I volumi corrispondenti alle unità (ad es. “Calcari Giurassici”, o “Arenarie Triassiche”) sono rappresentati come limitati da queste superfici che, per delimitare efficacemente lo spazio, devono avere intersezioni “watertight”. Questi volumi possono poi essere discretizzati in diversi modi, in funzione delle applicazioni. La creazione delle superfici a partire da dati sparsi ed eterogenei e la valutazione del grado di incertezza in questo tipo di interpolazione sono solo una delle difficoltà che si incontrano in un progetto di geomodeling, ma spesso la fase critica è quella che riguarda il controllo delle intersezioni tra diverse superfici di strato e di faglia. In particolare, se queste intersezioni non sono generate in modo più che perfetto, sarà difficile discretizzare in modo soddisfacente i volumi. Alcuni tra i software più avanzati nel campo del geomodeling, tra cui Gocad, hanno finora affrontato questo problema imponendo dei vincoli topologici alle intersezioni e proponendo un flusso di lavoro in cui in un primo tempo si crea un modello approssimato dal punto di vista del fit ai dati, corretto e rigoroso però dal punto di vista topologico (quasi un modello concettuale). Una successiva fase di interpolazione con metodi iterativi permette poi di fittare il modello a tutti i dati disponibili, pesati in funzione della loro affidabilità, ma sempre rispettando i vincoli topologici. Questo flusso di lavoro è chiaramente molto pesante e i tempi necessari alla costruzione di un modello crescono molto rapidamente al crescere del numero di elementi considerati (superfici stratigrafiche e di faglia). Inoltre, le mesh in cui sono discretizzate le superfici sono spesso caratterizzate da triangoli di scarsa qualità, con conseguenze negative nella successiva fase di discretizzazione dei volumi.
Un approccio alternativo, proposto recentemente, si basa su un’analogia tra la successione stratigrafica, che tipicamente comprende unità di età via via decrescente verso l’alto, e un campo di potenziale dove uno scalare rappresenta l’età, in senso assoluto o semplicemente relativo, di ogni elemento di volume. In questo caso i limiti tra diverse unità geologiche, che nell’approccio tradizionale vengono messi al centro del processo di modellazione, sono derivati in modo implicito come isosuperfici del campo scalare “età”. La presenza, in un dato volume, di diverse successioni stratigrafiche, separate ad esempio da superfici di erosione che hanno interrotto i cicli di sedimentazione, può essere facilmente considerata utilizzando diversi campi di potenziale, definiti in volumi diversi. In modo simile le superfici di faglia sono modellate come isosuperfici in campi di potenziale, indipendenti dalla stratigrafia, che classificano lo spazio in due blocchi, posti da un lato e dall’altro rispetto alla faglia. Lo spazio del modello viene in questo modo partizionato senza dover definire e vincolare in modo esplicito le intersezioni tra superfici, il che comporta vantaggi in termini di flessibilità del modello e, spesso, un notevole risparmio di tempo. Altri vantaggi riguardano la possibilità di tener conto di un più ampio spettro di informazioni strutturali, utilizzate come vincoli di diverso tipo sul campo di potenziale (ad es. l’orientazione e la polarità degli strati forniscono un vincolo sul gradiente del campo “età”). Di particolare interesse è anche la possibilità di generare mesh, sia sui volumi che sulle superfici, di maggiore qualità. Per finire, a partire da un approccio a superfici implicite si possono prefigurare diversi metodi per tener conto dell’incertezza nei dati e nei modelli interpretativi, ad esempio definendo le isosuperfici in modo fuzzy e ricavando di conseguenza tutte le possibili variazioni nei loro rapporti di intersezione.
Nel corso del seminario si forniranno informazioni introduttive sulla modellazione geologica 3D e sulle tecniche “tradizionali”, basate sulla definizione esplicita delle superfici, per poi passare a discutere i metodi a superfici implicite, il modo in cui questi si sono sviluppati negli ultimi anni e le relative limitazioni, e si concluderà proponendo una discussione il più possibile ampia e interdisciplinare su possibili sviluppi futuri.